Il piede di Charcot

Il piede di Charcot

Introduzione

Spesso giungono alla mia attenzione in ambulatorio pazienti che presentano un piede gonfio e deformato e che, dopo un lungo peregrinare da diversi specialisti e aver ricevute le più disparate diagnosi (dalla trombosi venosa profonda all’artrite settica, dalla gotta all’erisipela), mi raccontano di essere stati trattati non solo con insuccesso ma anche con graduale peggioramento generale del loro piede. Dopo un attento esame del quadro clinico arrivo alla diagnosi di “piede di Charcot” tuttavia questo ritardo nella diagnosi talvolta ha già provocato gravi complicanze come debilitanti deformità strutturali del piede o ulcerazioni (Figura 1). La difficoltà nell’arrivare a una diagnosi è data dal fatto che la malattia, oltre ad essere rara, si presenta in modo variabile senza una singola causa scatenante, inoltre non esistono degli esami del sangue specifici del processo patologico.

La prevalenza del piede di Charcot, detto anche neuro-osteoartropatia di Charcot (NAC oppure CN dall’inglese Charcot neuropathic osteoarthropathy), varia tra lo 0,08% e il 13% tuttavia probabilmente questo dato è sottostimato in quanto molti casi non vengono riconosciuti dal momento che una diagnosi errata e/o ritardata è stata riscontrata nel 25% circa dei pazienti. Il piede di Charcot colpisce individui affetti da diabete mellito in genere mal compensati dal punto di vista glico-metabolico, neuropatici che presentano altre complicanze come la retinopatia, la nefropatia o l’obesità. Interessa uomini e donne in egual misura e tende a presentarsi attorno ai 50-60 anni anche se vi è una differenza tra i pazienti con diabete mellito tipo 1 e quelli tipo 2: nei primi vi è una maggior probabilità di sviluppare la NAC a poco più di 20 anni dall’esordio della malattia mentre nei pazienti con diabete mellito tipo 2 può comparire dopo 5-9 anni di malattia.

Le cause della NAC non sono ancora chiare e diversi fattori (meccanici, neuropatici e vascolari) ai quali possono concorrere traumi ripetuti sembrano portare ad una disregolazione del processo infiammatorio con aumento delle cellule che degradano l’osso (osteoclasti) rispetto alle cellule deputate alla formazione dell’osso (osteoblasti).

Manifestazioni cliniche

L’evoluzione clinica della neuroartropatia di Charcot si caratterizza per due differenti fasi, una acuta e una cronica, la progressione da una fase all’altra può avvenire in settimane, mesi oppure anni; qui di seguito vengono spiegate più nel dettaglio.

Fase acuta

Il quadro clinico della NAC in fase acuta è caratterizzato dalla presenza di dolore sia a riposo che sotto carico seppur in presenza di neuropatia periferica e ciò si spiega in quanto il dolore profondo è spesso conservato. Tale quadro può far seguito ad un precedente trauma, anche modesto, occorso anche qualche mese prima. Sono inoltre presenti i segni tipici dell’infiammazione: il piede si presenta gonfio, caldo, arrossato ed eritematoso con una temperatura cutanea di 3-10 C° in più rispetto al piede controlaterale in assenza di febbre. La temperatura cutanea viene rilevata con un apposito termometro (Figura 2).

Piede di Charcot: rilevazione temperatura del piede
Figura 2 – Misurazione temperatura cutanea nel piede diabetico

Il rilevamento della differenza di temperatura tra i due piedi ha un ruolo fondamentale per il monitoraggio nel tempo dell’andamento clinico. La fase acuta può essere ulteriormente suddivisa in uno stadio iniziale e in uno stadio avanzato. Nella fase acuta iniziale non sono presenti alterazioni alla radiografia e la diagnosi è posta in base ai segni clinici dell’infiammazione locale (da qui si spiega la difficoltà della diagnosi ad occhi inesperti). Se non riconosciuta e adeguatamente trattata, la NAC può progredire portando a lassità dei legamenti, erosione della cartilagine e dell’osso subcondrale, tipici della fase più avanzata, fino alle fratture, frammentazione dell’osso, dislocazione con instabilità articolare e deformità che caratterizzano la fase cronica dello Charcot.

Fase cronica

La fase cronicità dell’osteoartropatia di Charcot si caratterizzata dalla remissione dei segni di infiammazione con assenza di differenza di temperatura tra i due piedi e dalle deformità osteoarticolari con conseguente instabilità più o meno gravi. Quando vi è un coinvolgimento del mesopiede con cedimento della volta plantare (interessamento del cuboide e dei cuneiform) si può avere il tipico aspetto del “piede a dondolo.”

Classificazione dell’osteoartropatia di Charcot

Nel corso degli anni sono state formulate diverse classificazioni. Nel 1966 il chirurgo ortopedico Sidney N. Eichenholtz, in base andamento evolutivo delle immagini radiologiche, classificò la neuroatropatia di Charcot in tre distinte fasi: sviluppo, coalescenza e rimodellamento osseo (vedi tabella 1 per i dettagli). Successivamente è stato proposto uno stadio 0 (infiammazione) corrispondente a una fase prodromica, in cui sono presenti tumefazione e flogosi ma mancano le modificazioni morfologiche e radiografiche, in questa fase la diagnosi viene abitualmente confermata con l’ausilio della risonanza magnetica nucleare (RMN).

StadioSegni cliniciSegni radiologici
0 (infiammazione)edema, aumento temperatura cutanea, iperemianessuno.
1 (sviluppo)cute calda, iperemia, edemaerosione della cartilagine e dell’osso subcondrale, detriti ossei, sublussazione, dislocazione e fratture periarticolari
2 (coalescenza)riduzione dei segni di flogosi con diminuzione dell’iperemia e dell’edema e normalizzazione della temperatura cutaneariassorbimento dei detriti ossei, neoformazione ossea, fusione delle articolazioni e sclerosi ossea
3 (rimodellamento)assenza dei segni di infiammazioneconsolidamento osseo delle fratture, riduzione della sclerosi e comparsa di grossolane deformità strutturali del piede
Tabella 1: Classificazione secondo Eichenholtz modificata

Sanders e Frykberg invece classificarono la neuroartopatia di Charcot sulla base della localizzazione anatomica e della frequenza del fenomeno (vedi tabella 2).

PatternSedePercentuale
IAvampiede: articolazioni metatarso-falangee ed interfalangee15%
IIMesopiede: articolazione tarsometatarsali (articolazione di Lisfranc)40%
IIIMesopiede: articolazioni tarsali (articolazione di Chopart)30%
IVRetropiede: articolazione della caviglia10%
VCalcagno5%
Tabella 2: Classificazione anatomica secondo Sanders e Frykberg

Trattamento dell’osteoartropatia di Charcot

Terapia della fase acuta

L’obiettivo del trattamento della NAC in fase acuta mira a mantenere la stabilità del piede e della caviglia per prevenire fratture e ulcerazioni riducendo al minimo i traumatismi durante la fase infiammatoria e distruttiva. La terapia prevede l’immobilizzazione del piede e della caviglia con uno stivaletto in gesso o vetroresina su misura a contatto totale (total contact cast- TCC) per un periodo di circa 90 giorni (Figura 3).

Piede di Charcot: total contact cast
Figura 3 – Confezionamento Total Contact Cast (TCC)

Il piede viene così protetto e messo a riposo, le pressioni plantari sono ridotte e distribuite uniformemente e il gonfiore si riduce. E’ importante che via sia uno stretto monitoraggio della situazione clinica da parte del personale esperto: il TCC deve essere riconfezionato dopo una settimana per riadattarlo alla riduzione dell’edema del piede, successivamente il controllo va eseguito ogni 2 settimane circa.

Terapia della fase cronica

L’obiettivo del trattamento della fase cronica, come si può dedurre, è quello di ridurre le pressioni plantari preservando l’integrità della cute e garantendo la stabilità del piede. Dopo una prima fase di immobilizzazione con il gambaletto gessato, quando la differenza di temperatura tra piede affetto da NAC e piede controlaterale è di 1 °C per due settimane di seguito, si può passare ad un tutore pneumatico removibile (Figura 4).

Successivamente, raggiunta la stabilità della temperatura degli arti per almeno un mese, si può passare ad indossare una calzatura definitiva. Nelle fasi di transizione viene consigliato l’uso di stampelle per ottenere un carico parziale dell’arto affetto da NAC inoltre una ripresa del carico troppo precoce potrebbe causare una riattivazione della fase acuta nella stessa articolazione o in quelle adiacenti. Le calzature definitive devono essere su misura e possedere determinate caratteristiche (Figura 5): la suola deve essere rigida, la tomaia ampia e morbida senza cuciture interne, il plantare multistrato e su calco (il paziente imprime l’impronta del piede da seduto – Figura 6 -, viene quindi eseguito uno studio computerizzato dell’impronta stessa e, utilizzando materiali diversi, si realizza il plantare che viene poi rifinito per poterlo adattare alla calzatura). Le calzature devono essere allacciate con stringhe o velcro onde evitare che il piede scivoli anteriormente e che il tallone si sollevi durante il passo.

Piede diabetico: impronta plantare
Figura 6 – Impronte per la realizzazione dei plantari su calco multistrato

Il policlinico Abano Terme, centro specializzato per la cura del piede di Charcot

L’unità operativa di piede diabetico del Policlinico Abano Terme (Padova), di cui sono primario, è da tempo specializzata nella diagnosi e nella cura del piede di Charcot. Nel nostro centro afferiscono anche pazienti in cui le severe deformità che caratterizzano la neuroartropatia di Charcot hanno creato protrusioni ossee ove sono presenti lesioni ulcerative curabili con successo con l’applicazione di un apparecchio di scarico. Può capitare che, dopo la guarigione dell’ulcera, si abbiano delle recidive oppure che le deformità siano talmente gravi da portare ad una estrema instabilità articolare. In questi casi selezionati, quando l’opzione chirurgica appare l’unica soluzione percorribile per salvare l’arto, ricorriamo all’intervento di rimozione della protrusione ossea e all’artrodesi (l’intervento chirurgico attraverso cui si effettua la fusione degli elementi ossei che compongono un’articolazione) dell’articolazione interessata dal processo della neuroatropatia di Charcot con l’applicazione di un fissatore esterno-interno ibrido che viene portato dal paziente per circa 6 mesi (Figura 7). Nella maggior parte dei casi si ottiene la completa guarigione e il paziente può finalmente ritornare a camminare con adeguate calzature su misura.

Se vuoi avere ulteriori chiarimenti o desideri una visita per te o per un tuo familiare, non esitare a contattarmi.

Dott.ssa Christine Whisstock

Medico chirurgo specialista in endocrinologia e malattie del ricambio, specializzata nel trattamento medico-chirurgico del piede diabetico e del diabete.

Dottorato di ricerca in ipertensione e prevenzione del rischio cardiovascolare.

Primario dell’Unità Operativa di Piede Diabetico del Policlinico Abano Terme (Padova).

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