L’arteriopatia periferica nel paziente diabetico

L'arteriopatia periferica nel paziente diabetico

Introduzione

I pazienti che soffrono di diabete mellito nel mondo sono circa 422 milioni, di questi tra il 12% e il 25% è a rischio di sviluppare una lesione ai piedi con conseguente peggioramento della qualità di vita e aumento del rischio di amputazione. Nei paesi occidentali circa il 60% delle amputazioni non dovute a traumi è causato dalle complicanze del diabete, nella metà dei pazienti con un’ulcera ai piedi è presente una sottostante arteriopatia periferica (nota anche con l’acronimo inglese PAD da Peripheral Arterial Disease), caratterizzata dalla presenza di placche aterosclerotiche ostruenti il flusso di sangue nelle arterie che irrorano gli arti inferiori che determinano quindi una riduzione dell’apporto di ossigeno e nutrienti ai tessuti (condizione conosciuta come ischemia). L’elevata prevalenza dell’arteriopatia nei pazienti diabetici è dovuta alla natura stessa della malattia, considerata a tutti gli effetti una malattia cardiovascolare. Dovete sapere infatti che le placche aterosclerotiche sono conseguenti all’accumulo di colesterolo e di calcio nelle pareti delle arterie responsabili dell’afflusso di sangue agli organi di tutto il corpo. Elevati valori di colesterolo e zucchero nel sangue, scarso controllo della pressione arteriosa, obesità e fumo di sigaretta sono le principali cause della patologia aterosclerotica che può coinvolgere tutti i distretti vascolari dell’organismo. La prognosi di un paziente con diabete e arteriopatia che subisce un’amputazione per una lesione ad un piede è peggiore di molte comuni neoplasie e si stima che fino al 50% di questi soggetti non sopravvivrà a 5 anni dalla diagnosi.

Caratteristiche dell’arteriopatia periferica nel soggetto diabetico

Nei pazienti con arteriopatia periferica il sintomo più tipico è il dolore a riposo o la claudicatio intermittens (ossia zoppia intermittente) che si manifesta come un dolore crampiforme che colpisce il polpaccio, i glutei o le cosce e che compare a seguito anche di una semplice camminata per poi risolversi con il riposo; il soggetto assume pertanto una deambulazione intermittente con pause forzate per ridurre la sintomatologia dolorosa. Nei pazienti diabetici, tuttavia, la concomitante presenza di neuropatia periferica può mascherare la claudicatio e il dolore a riposo, per cui spesso un’ulcera che non guarisce o addirittura una gangrena (Figura 1) possono essere le manifestazioni iniziali di una vasculopatia misconosciuta fino a quel momento.

La patologia arteriosa periferica nel diabetico colpisce più comunemente gli uomini con un rapporto maschi/femmine di 2:1, progredisce rapidamente e, a differenza dalla popolazione non diabetica, si riscontra più spesso bilateralmente coinvolgendo le arterie sotto il ginocchio (sottopoplitee), inoltre le pareti arteriose sono in genere calcifiche con prevalenza delle occlusioni (blocco completo del flusso di sangue attraverso le arterie) rispetto alle stenosi (diminuzione del flusso sanguigno).

Diagnosi

L’anamnesi e la ricerca dei polsi arteriosi (femorale, popliteo, pedidio e tibiale posteriore – Figura 2) possono suggerire la presenza di una malattia vascolare periferica tuttavia è importante effettuare una valutazione più oggettiva che possa guidare il medico nella scelta terapeutica ed in particolare nell’indicazione ad un eventuale intervento di rivascolarizzazione.

La valutazione non invasiva dell’arteriopatia dei pazienti diabetici può essere fatta con varie metodiche, ciascuna con i propri vantaggi, svantaggi e limiti, per cui molto spesso è necessario integrarle tra loro. Vediamo quali sono:

  • L’indice pressorio caviglia braccio chiamato anche ABI (ankle/brachial index) è definito dal rapporto tra pressione sistolica alla caviglia e pressione sistolica al braccio. Per il calcolo viene utilizzato un manicotto per la misura della pressione e una sonda Doppler. In base al valore dell’ABI è possibile stimare l’entità della malattia vascolare periferica (Tabella 1). In alcuni casi l’ABI può avere un valore falsamente normale per la presenza di calcificazioni della parete arteriosa che sono di comune riscontro nei soggetti diabetici di lunga durata, nei soggetti in dialisi e negli anziani.
Valore di ABIInterpretazione
0,91–1,3normalità
0,71-0,90malattia arteriosa lieve
0,41-0,70malattia arteriosa moderata
≤ 0,40malattia arteriosa grave
>1,30ridotta comprimibilità dei vasi per calcificazione della parete arteriosa
Tabella 1 – Interpretazione dei valori ABI
  • La misurazione della pressione all’alluce e il rapporto tra la pressione sistolica all’alluce e la pressione sistolica brachiale (toe/brachial index) è un esame in genere non eseguito nei pazienti con piede diabetico sia perché le calcificazioni spesso includono le arterie che irrorano le dita, ma soprattutto perché talvolta l’alluce presenta lesioni o gangrena.
  • La pressione di ossigeno transcutanea (TcPO2) consente di valutare la quantità di ossigeno trasportata dal sangue e ceduta dai capillari ai tessuti; l’esame dura mediamente una ventina di minuti e si avvale di un piccolo elettrodo che viene appoggiato sulla cute del dorso del piede per mezzo del quale viene misurata la pressione parziale di ossigeno (Figura 3); in tal modo è possibile stimare la severità della patologia vascolare e ottenere informazioni sul potenziale riparativo di una lesione (valori <30 mmHg esprimono uno scarso potenziale riparativo) o predire la guarigione di una ferita chirurgica (improbabile con valori <30 mmHg, incerta con valori tra 30 e 50 mmHg, probabile con valori >50 mmHg ). Vi sono tuttavia determinate condizioni in cui il valore dell’esame deve essere preso con cautela, ad esempio se è presente un edema periferico (accumulo di liquidi) oppure una cellulite diffusa (infezione batterica acuta della cute e del tessuto sottocutaneo) che possono influenzare la rilevazione e dare valori inattendibili.
Ossimetria transcutanea.
Figura 3 – Ossimetria transcutanea
  • L’ecocolorDoppler arterioso degli arti inferiori è un esame che dura circa un quarto d’ora e non richiede preparazione preventiva; il medico rileva le immagini appoggiando una sonda sulla pelle degli arti inferiori mettendo in evidenza l’eventuale presenza di placche aterosclerotiche (accumuli di grasso e calcio) che ostacolano il normale flusso sanguigno nelle arterie.
  • In caso siano necessari ulteriori approfondimenti diagnostici lo specialista può richiedere l’angio-TAC (tomografia assiale computerizzata) o l’angio-RMN (risosonanza magnetica nucleare) con mezzo di contrasto (mezzi di contrasto iodati per l’angio-TAC e il gadolinio per l’angio-RMN) che permettono di studiare la circolazione sanguigna e pianificare le strategie di rivascolarizzazione (sito di accesso, materiali, tempo di procedura). Nei pazienti affetti da insufficienza renale cronica in stadio pre‐dialitico, l’unica indagine diagnostica raccomandata è l’ecocolorDoppler arterioso degli arti inferiori dal momento che la somministrazione di mezzo di contrasto organo‐iodato per via endovenosa può causare nefropatia indotta da contrasto e l’uso di gadolinio può causare fibrosi sistemica nefrogenica.

La rivascolarizzazione

Nonostante il progressivo incremento della prevalenza dell’arteriopatia obliterante nei pazienti diabetici, in Italia il numero delle amputazioni sotto o sopra il ginocchio (amputazioni maggiori) si è ridotto, a fronte di un graduale aumento degli interventi di rivascolarizzazione. Quando viene eseguita la rivascolarizzazione in un paziente diabetico con un’ulcera al piede bisogna mirare a ripristinare il flusso sanguigno diretto ad almeno una delle arterie del piede, preferibilmente all’arteria che fornisce la regione
anatomica dell’ulcera. La scelta della tecnica di rivascolarizzazione (endovascolare, chirurgica o ibrida) si basa su fattori individuali, come la distribuzione morfologica della malattia arteriosa periferica, la disponibilità di vene autologhe, le comorbilità del paziente e l’esperienza del centro ospedaliero. Di seguito vengono spiegate più nel dettaglio le diverse tecniche di rivascolarizzazione.

L’angioplastica degli arti inferiori

Intervento di angioplastica.
Intervento di angioplastica

L’angioplastica percutanea transluminale (angioPTA) è la tecnica non chirurgica di scelta per dilatare le occlusioni vascolari. È raccomandata nei pazienti che presentano claudicatio invalidante e/o dolore a riposo oppure in presenza di un’ulcera che non guarisce entro 4-6 settimane nonostante una gestione ottimale. La procedura richiede un ricovero ospedaliero breve e si svolge in sala angiografica: previa anestesia locale si punge l’inguine del paziente e, sotto monitoraggio radiologico, viene fatto avanzare un catetere all’interno dell’arteria iniettando il mezzo di contrasto che consente di visualizzare la distribuzione dei vasi sanguigni e la presenza di eventuali lesioni (restringimenti e occlusioni compresi). La dilatazione del vaso sanguigno viene effettuata mediante l’inserimento di un catetere dotato di palloncino gonfiabile che verrà sospinto fino al punto di restringimento e gonfiato con lo scopo di dilatare il lume del vaso ristretto e consentirne un’adeguata rivascolarizzazione ripristinando il normale calibro del vaso malato (ristretto o occluso) e di tornare a una condizione il più possibile vicino alla normalità. È possibile agire mediante l’inserimento, sempre tramite catetere, di uno stent, ovvero una protesi metallica cilindrica introdotta nel segmento stenotico del vaso sanguigno al fine di mantenere aperto il lume del vaso trattato. Attualmente vengono impiantati stent medicati che sono ricoperti di un farmaco che riduce sensibilmente il rischio di un successivo restringimento. La procedura dura circa un’ora e mezza. I possibili rischi correlati a questa procedura sono sanguinamenti o ematomi che possono verificarsi in sede di puntura ed introduzione del catetere, la tossicità da mezzo di contrasto e le reazioni allergiche al mezzo di contrasto.

Intervento di bypass degli arti inferiori

L’intervento di bypass degli arti inferiori può essere effettuato per trattare le arterie ristrette o ostruite. Con questa procedura, il sangue viene deviato intorno all’arteria interessata, bypassando appunto il blocco stesso. Una protesi costituita da un tubo di un materiale sintetico o da un segmento venoso proveniente da un’altra sede (generalmente la grande safena) viene connessa all’arteria ostruita a monte e a valle dell’ostruzione. A seconda di dove è localizzata l’ostruzione arteriosa è possibile realizzare vari tipi di bypass (bypass femoro-popliteo, bypass femoro-femorale, bypass aorto-femorale, bypass aorto-bifemorale, bypass axillo-femorale, bypass axillo-bifemorale). Il bypass chirurgico è una procedura invasiva e, come ogni intervento chirurgico, presenta dei possibili rischi come trombosi del by-pass, ossia l’occlusione della protesi (con incidenza variabile dal 2% al 7% in rapporto al tipo di by-pass confezionato e al tipo di protesi utilizzata), l’emorragia postoperatoria (minore del 2%), l’infezione della protesi (intorno al 2%) e il gonfiore dell’arto operato dovuto all’alterazione circolatoria e linfatica conseguente all’intervento chirurgico.

Endoarteriectomia

Nel caso in cui la malattia ateromasica sia ben localizzata in un breve tratto arterioso (segmentaria), lasciando integre le porzioni di arteria a monte e a valle, può essere impiegata l’endoarteriectomia che consiste nell‘incidere l’arteria interessata e ripulirla dei depositi di colesterolo e calcio presenti al suo interno, con successiva sutura dell’arteria stessa.

I consigli per prevenire l’arteriopatia periferica

Sebbene non si possano controllare tutti i fattori di rischio (pensiamo per esempio al sesso e all’età), è possibile acquisire uno stile di vita sano ed abbattere così il rischio di sviluppare l’arteriopatia periferica e le sue complicanze; pertanto per prevenire l’arteriopatia periferica è raccomandabile:

  • non fumare;
  • svolgere esercizio fisico regolarmente come camminare o andare in bicicletta;
  • seguire una dieta sana ed equilibrata;
  • controllare il diabete mantenendo ottimali livelli di zucchero nel sangue;
  • mantenere sotto controllo i livelli del colesterolo nel sangue;
  • mantenere la pressione arteriosa nella norma;
  • mantenere il proprio peso forma, evitando condizioni quali sovrappeso e obesità.

Il reparto di piede diabetico del Policlinico Abano Terme, eccellenza nel salvataggio dell’arto

L’unità operativa di piede diabetico del Policlinico Abano Terme (Padova), di cui sono il primario, è da tempo riconosciuta a livello internazionale come uno dei centri d’eccellenza per la cura dell’arteriopatia periferica degli arti inferiori, questa grave complicanza del diabete. E’ formata da una sezione ambulatoriale, un reparto con 16 posti letto e un servizio di radiologia interventistica; ogni anno vengono eseguite più di 25.000 visite ambulatoriali e circa 1.000 interventi di rivascolarizzazione endoluminale per ischemia critica periferica.

Il nostro centro ha a disposizione moderne apparecchiature radiologiche e strumentari all’avanguardia quali cateteri, micro-guide in grado di navigare in distretti arteriosi sempre più periferici e stent medicati. Tutto ciò consente di effettuare la dilatazione di vasi arteriosi molto periferici e di calibro estremamente ridotto spingendo la ricanalizzazione fino nelle estreme ramificazioni dell’arco plantare, ottenendo la completa ricostruzione dell’albero arterioso. Particolare attenzione viene posta nei confronti dei pazienti con insufficienza renale cronica nei quali viene scelto l’utilizzo della CO2 invece dei mezzi di contrasto standard per minimizzare i rischi di peggioramento della funzionalità renale. Il successo dell’angioPTA nei pazienti in cura presso la nostra struttura ha portato non solo al sollievo dal dolore ischemico e guarigione delle ulcere vascolari ma anche limitato l’estensione delle amputazioni permettendo il salvataggio dell’arto nonché la guarigione delle ferite dopo gli interventi chirurgici.

Se tu o un tuo familiare desiderate maggiori informazioni o prenotare una visita non esitare a contattarmi.

Dott.ssa Christine Whisstock

Medico chirurgo specialista in endocrinologia e malattie del ricambio, specializzata nel trattamento medico-chirurgico del piede diabetico e del diabete.

Dottorato di ricerca in ipertensione e prevenzione del rischio cardiovascolare.

Primario dell’Unità Operativa di Piede Diabetico del Policlinico Abano Terme (Padova).

Scroll to Top