Mangio poco e ingrasso, sarà colpa dell’insulino resistenza?

Mangio poco e ingrasso, sarà colpa dell'insulino resistenza?

Talvolta si presentano in ambulatorio pazienti che mi riferiscono che, pur mangiando poco, non riescono a dimagrire e sono occasionalmente colpiti da attacchi di fame, sonnolenza, stanchezza e difficoltà di concentrazione; la responsabile di questi disturbi potrebbe essere l’insulino resistenza. Scopriamo insieme cos’è, come riconoscerla e come curarla.

Cos’è l’insulino resistenza

L’insulina è un ormone prodotto dalle beta cellule del pancreas che viene rilasciato nel circolo sanguigno dopo i pasti, soprattutto quelli ricchi di glucosio (uno zucchero), ma non solo. Ha proprietà anaboliche e la sua azione più rilevante consiste nel favorire l’ingresso all’interno delle cellule del nostro organismo del glucosio il quale viene utilizzato nelle reazioni chimiche o come riserva di energia, evitando così che la glicemia (ovvero il livello di zucchero nel sangue) si alzi troppo.

L’insulino resistenza è una condizione nella quale le cellule diventano meno sensibili all’insulina con una ridotta utilizzazione del glucosio e il suo accumulo nel sangue. Per cercare di compensare a questa minor entrata del glucosio nelle cellule e all’iperglicemia conseguente, il pancreas aumenta la produzione di insulina portando ad una condizione denominata iperinsulinemia. L’aumento continuo della produzione d’insulina può deteriorare la funzione del pancreas e condurre allo sviluppo di diabete mellito di tipo 2 oltre ad interferire con il metabolismo dei lipidi, delle cellule cardiache e dei vasi sanguigni.

Fattori che possono contribuire allo sviluppo di insulino resistenza

La causa scatenante dell’insulino-resistenza non è nota, si ipotizza che possano concorrere diversi fattori:

  • storia familiare di diabete mellito tipo 2, ipertensione arteriosa o malattie cardiovascolari;
  • diagnosi di diabete gestazionale o ridotta tolleranza al glucosio;
  • predisposizione genetica: alcune etnie, come quelle africana, ispanica e asiatica, sono più a rischio;
  • stile di vita: un’alimentazione ricca di zuccheri semplici, acidi grassi saturi e alimenti ad alto indice glicemico così come una vita sedentaria possono contribuire all’insorgenza della resistenza all’insulina;
  • sovrappeso (BMI > 25 kg/m2) ed obesità (BMI > 30 kg/m2): il peso corretto nell’adulto dipende dall’altezza, per questo si calcola il cosiddetto indice di massa corporea (BMI o Body Mass Index) definito come il rapporto tra il peso in kilogrammi e l’altezza in metri elevata al quadrato (kg/m2). In base al valore ottenuto ci si può collocare all’interno di una delle classi riportate in tabella 1;
  • accumulo di grasso a livello addominale: circonferenza vita ≥102 cm nell’uomo e ≥ 88 cm nella donna;
  • sindrome dell’ovaio policistico: la PCOS è caratterizzata da uno squilibrio ormonale da cui derivano alterazioni metaboliche (difficoltà nella perdita di peso o aumento dello stesso), riproduttive (oligomenorrea, amenorrea, anovulazione ecc.) e biochimiche quali iperandrogenismo e insulino resistenza. L’iperinsulinemia è responsabile dell’aumento diretto degli androgeni (testosterone) circolanti nel sangue e di una contemporanea diminuzione delle proteine che trasportano gli androgeni (SHBG), che hanno la funzione di tenerli legati rendendoli incapaci si agire. A differenza delle cellule del corpo che sono resistenti all’insulina, quelle ovariche, invece, vengono stimolate dall’insulina stessa ad aumentare la produzione di estrogeni ed androgeni; proprio quest’ultimi sono responsabili sia dei sintomi tipici dell’iperandrogenismo (caratterizzato da acne, irsutismo, alopecia) sia dell’alterazione del ciclo mestruale;
  • sindrome di Cushing o l’uso prolungato di cortisone: l’eccesso di cortisolo in circolo può portare a insulino resistenza e a vari gradi di alterazione del metabolismo glucidico, sino al diabete mellito.
BMI (kg/m2)Classificazione delle diverse categorie di peso
≤ 18,4sottopeso
18,5-24normopeso
25-29,9sovrappeso
30-34,9obesità di I grado
35-39,9obesità di II grado
≥ 40obesità di III grado
Tabella 1 – Indice della massa corporea (BMI) e categorie di peso

Segni e sintomi associabili all’insulino resistenza

In genere l’insulino-resistenza non dà sintomi che si possono, invece, manifestare in un secondo momento come conseguenza dell’alterazione della glicemia; possono pertanto comparire sonnolenza, stanchezza, maggiore appetito, difficoltà di concentrazione e aumento di peso soprattutto localizzato a livello addominale. Ciò accade perché quando la glicemia sale, il nostro corpo produce ancora più insulina cercando di abbassare i livelli di zucchero nel sangue; l’insulina elevata fa sì che lo zucchero in eccesso venga dirottato nel tessuto adiposo come scorta, a questo punto le cellule, non ricevendo sufficiente zucchero, fanno aumentare il senso di fame e la voglia di dolce/zucchero immediato. Quando la glicemia scende sotto i livelli soglia (ipoglicemia) si possono avere sudorazione, tremori, irritabilità e alterazioni dello stato di coscienza.

In rari casi è possibile la comparsa di aree cutanee scure (iperpigmentazione) che prende il nome di acanthosis nigricans e che si riscontra specialmente in prossimità delle pieghe del corpo (ascelle, inguine e collo). Questa condizione si riscontra nei casi di iperinsulinemia associata ad obesità o sindrome dell’ovaio policistico. Non esiste una terapia specifica per l’acanthosis nigricans, tuttavia il trattamento della condizione di base, di solito, può ripristinare la normale pigmentazione delle zone colpite.

Diagnosi

In assenza di disturbi, la diagnosi avviene spesso in modo casuale, ad esempio durante lo svolgimento di esami prescritti per altre condizioni. Esistono diversi metodi per fare la diagnosi di insulino resistenza, quelli elencati di seguito sono i più utilizzati nella pratica medica:

  • L’indice HOMA o HOMA index: HOMA è l’acronimo inglese per Homeostatic Model Assessment, ovvero valutazione del modello omeostatico. Descritto per la prima volta nel 1985, si tratta di un calcolo matematico utilizzato per quantificare la resistenza all’insulina. Si fonda sul valore della glicemia e insulinemia. Si calcola nel seguente modo: HOMA index = (glicemia x insulinemia) / 22,5 (dove la glicemia è espressa in mmol/L e l’insulina in mU/L). Se nelle tue analisi del sangue la glicemia è espressa in mg/dl, la formula da applicare è HOMA index = (glicemia a digiuno x insulinemia a digiuno) / 405. Il range di normalità che si riscontra nell’adulto non insulino resistente è compreso tra 0,23 e 2,5. Un valore maggiore di 2,5 indica la presenza di insulino resistenza: più alto è il valore, maggiore potrebbe essere la resistenza all’insulina.
  • La curva da carico per glicemia e insulinemia chiamata anche OGTT (Oral Glucose Tolerance Test) per glicemia e insulinemia. E’ un test clinico che viene utilizzato per controllare se un paziente ha un metabolismo del glucosio normale. Al paziente viene fatta bere una soluzione contenente 75 grammi di glucosio e si eseguono prelievi, per la determinazione della glicemia e dell’insulinema, prima e dopo 30, 60, 90 e 120 minuti dall’assunzione della bevanda zuccherata. Nel soggetto senza insulino resistenza, l’insulina aumenta di 3-6 volte rispetto ai valori basali durante la prima ora. Nel soggetto con insulino resistenza si ha una risposta aumentata di 5-10 volte rispetto ai valori basali, con ritardo nel raggiungimento del picco (dopo 90-120 minuti).

Possibile evoluzione e complicanze dell’insulino resistenza

Se non adeguatamente trattata l’insulino resistenza può portare a:

  • ridotta tolleranza glucidica (IGT, Impaired Glucose Tolerance) quando i livelli ematici di glucosio dopo 2 ore dalla curva da carico sono compresi fra 140-199 mg/dl;
  • alterata glicemia a digiuno (IFG, Impaired Fasting Glucose) quando il glucosio a digiuno è compreso fra 100-125 mg/dl.
  • diabete mellito di tipo 2 quando il pancreas non è più in grado di far diminuire i livelli di glucosio nel sangue attraverso un’adeguata produzione d’insulina. Si pone quindi la diagnosi in presenza dei classici sintomi (astenia, sete, minzione frequente) e una glicemia ≥ 200mg/dl, oppure una glicemia a digiuno ≥126 mg/dl confermata in una seconda occasione, oppure una glicemia alla seconda ora di un carico orale ≥ 200 mg/dl da ripetere una seconda volta oppure un’emoglobina glicata (HbA1c) ≥6.5% (48 mmol/mol) da ripetere una seconda volta;
  • ipertensione arteriosa: l’iperinsulinemia aumenta il riassorbimento renale di sodio ed acqua, quindi aumenta il volume plasmatico con conseguente aumento della pressione sanguigna;
  • aumento dei trigliceridi, diminuzione del colesterolo HDL (buono) ed un aumento del colesterolo LDL (cattivo).
  • sindrome metabolica: detta anche sindrome da insulino resistenza o sindrome x, è caratterizzata dalla presenza di più condizioni contemporaneamente. Esse sono ipertensione arteriosa (≥ 130/85 mmHg;), alterata glicemia a digiuno (fra 100-125 mg/dl), dislipidemia (colesterolo HDL: < 40 mg/dl nei maschi, < 50 mg/dl nelle femmine; trigliceridi ≥ 150 mg/dl), obesità addominale (circonferenza vita: ≥ 102 cm nei maschi, ≥ 88 cm nelle femmine), che predispongono a un elevato rischio cardiovascolare e a diabete mellito di tipo 2.
  • disturbi cardiovascolari come infarto, ictus o problemi dei vasi periferici;
  • steatosi epatica associata a disfunzione metabolica o MAFLD (dall’inglese metabolic-dysfunction associated fatty liver disease, in passato denominata NAFLD/NASH): In presenza di insulino resistenza si ha un accumulo dei trigliceridi nelle cellule del fegato che può favorire una serie di alterazioni che vanno dalla semplice steatosi, alla steatoepatite fino alla cirrosi che aumenta il rischio di cancro delle cellule epatiche (HCC o carcinoma epatocellulare);
  • aumento della viscosità del sangue (ipercoagulabilità).

Cosa puoi fare per prevenire e contrastare l’insulino resistenza

  • Mantieni un corretto peso corporeo: per mantenere il peso nella norma non bisogna ricorrere a restrizioni alimentari brusche o estreme che potrebbero compromettere il nostro stato di salute, è necessario, invece, cambiare in modo equilibrato le scelte del cibo e puntare a migliorare la varietà della dieta con alimenti di qualità, frazionando i pasti nell’arco della giornata (colazione, pranzo e cena e due spuntini, uno a metà mattinata e uno a metà pomeriggio).
  • Segui un’alimentazione sana e bilanciata: è importante incrementare il consumo di frutta, verdura, legumi ed alimenti naturalmente ricchi di fibre, optare per cereali integrali, evitare gli alimenti ricchi di grassi saturi prediligendo, invece, quelli contenuti nel pesce e nelle fonti vegetali (come olio d’oliva), oltre che abolire gli zuccheri semplici.
  • Presta attenzione all’indice glicemico e al carico glicemico degli alimenti: l’indice glicemico è un parametro che classifica gli alimenti in base alla velocità con cui i carboidrati e gli zuccheri contenuti in un alimento passano nel sangue e innalzano la glicemia. Il carico glicemico, invece, valuta l’effetto sulla glicemia di un alimento basandosi sulle quantità effettivamente consumate. In breve l’indice glicemico è la misura della qualità dei carboidrati, il carico glicemico, invece, è la misura della loro quantità e tiene conto sia dell’indice glicemico che del contenuto di zuccheri per porzione consumata.
  • Incrementa l’attività fisica: l’attività fisica regolare e moderata è importantissima per il nostro benessere per molti motivi. Innanzitutto riduce lo stress favorendo il rilascio di sostanze naturalmente regolanti il tono dell’umore (endorfine), inoltre aiuta a non aumentare di peso ed è in grado di contrastare l’insulino resistenza, migliorando la risposta all’insulina e facilitando l’ingresso del glucosio all’interno delle cellule. Infine aiuta a controllare la pressione arteriosa e a ridurre il rischio di patologie cardiovascolari. E’ importante cercare di muoversi il più possibile nell’arco della giornata limitando gli spostamenti con i mezzi, scegliendo quando possibile la bicicletta o la camminata, prendendo le scale anziché l’ascensore, stando il meno possibili seduti. Non esiste in assoluto un’attività sportiva ideale che, per essere utile, deve essere fatta con la frequenza adeguata (almeno tre volte alla settimana) con una certa intensità (per essere sufficiente deve indurre una modesta sudorazione). E’ fondamentale comunque, se si è inattivi da molto tempo, iniziare in modo graduale incrementando progressivamente la durata e l’intensità.
  • Limita l’assunzione di alcolici: le bevande alcoliche, essendo caloriche, possono portare a un aumento di peso, contengono etanolo in percentuali variabili che viene metabolizzato a livello del fegato e, se in eccesso, si accumula nelle cellule portando alla steatosi epatica; è stato inoltre dimostrato che l’etanolo può contribuire allo sviluppo di insulino resistenza.
  • Smetti di fumare: nei fumatori spesso si verifica un aumento del grasso soprattutto addominale e viscerale, più pericoloso per la salute, che può sostenere l’insulino-resistenza.

E’ fondamentale affidarsi al medico specialista cercando di limitare il più possibile il fai-da-te. Il tuo endocrinologo può infatti stabilire la frequenza e il tipo di esami da effettuare per controllare lo stato della patologia e, in caso di necessità, prescriverti una terapia farmacologica e/o integrativa efficace, sicura e personalizzata. Se vuoi ulteriori delucidazioni o prenotare una visita non esitare a contattarmi.

Dott.ssa Christine Whisstock

Medico chirurgo specialista in endocrinologia e malattie del ricambio, specializzata nel trattamento medico-chirurgico del piede diabetico e del diabete.

Dottorato di ricerca in ipertensione e prevenzione del rischio cardiovascolare.

Primario dell’Unità Operativa di Piede Diabetico del Policlinico Abano Terme (Padova).

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