Osteoporosi: come prevenirla

Osteoporosi: come prevenirla

Definizione

L’osteoporosi è una malattia caratterizzata da una bassa densità minerale ossea. Le ossa, diventando più fragili, sono esposte a un maggior rischio di frattura anche per traumi di lieve entità. Si definisce primitiva quando compare in giovane età oppure dopo la menopausa (postmenopausale) o comunque con l’avanzare dell’età (senile), secondaria, invece, quando a causarla sono delle patologie o farmaci.

Osteoporosi primitive

Osteoporosi giovanile

L’osteoporosi giovanile raggruppa varie forme di osteoporosi diagnosticate nell’infanzia e nell’adolescenza per lo più causate da mutazioni genetiche come nell’osteogenesi imperfetta. Può essere anche secondaria a leucemie, a lunga immobilizzazione e a malattie infiammatorie croniche oppure conseguente all’assunzione per un tempo prolungato di farmaci quali antiepilettici e corticosteroidi.

Osteoporosi post-menopausale

L’osteoporosi post-menopausale è la più frequente forma di osteoporosi primitiva ed è causata dal calo dei livelli di estrogeni legato alla menopausa; determina un aumento della perdita ossea responsabile di fratture da fragilità a carico soprattutto delle vertebre, delle ossa del polso e del femore.

Osteoporosi maschile

Molti pensano che l’osteoporosi sia un problema che riguarda solo le donne ma, anche se la malattia colpisce di più il sesso femminile, ha un impatto tutt’altro che trascurabile anche negli uomini, nei quali può avere conseguenze più gravi e devastanti; basti pensare che, dopo una frattura di femore, il tasso di mortalità nei primi 6 mesi negli uomini è circa doppio rispetto a quello delle donne a parità di età.

Osteoporosi secondarie

L’osteoporosi postmenopausale o senile va sempre distinta dalle forme secondarie di osteoporosi. Le principali condizioni o i farmaci potenzialmente in grado di provocare la comparsa di osteoporosi sono:

  • malattie endocrine: iperparatiroidismo, ipogonadismo, ipercortisolismo, ipertiroidismo, iperprolattinemia, diabete mellito tipo 1;
  • malattie ematologiche: malattie mielo e linfoproliferative, mieloma multiplo, mastocitosi sistemica, talassemia;
  • condizioni associate a malassorbimento intestinale: celiachia, intolleranza al lattosio;
  • malattie reumatiche: artrite reumatoide, lupus eritematoso sistemico, spondilite anchilosante, artrite psoriasica, sclerodermia;
  • malattie renali: ipercalciuria idiopatica renale, insufficienza renale cronica;
  • altre condizioni: broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), anoressia nervosa, emocromatosi, fibrosi cistica, malattie metaboliche del collagene, trapianto d’organo, alcolismo, fumo, tossicodipendenza, immobilizzazione prolungata, grave disabilità.
  • farmaci: dosi medio elevate di cortisonici, ormoni tiroidei a dosi soppressive in postmenopausa, immunosoppressori, terapia cronica con eparina.

Come si diagnostica l’osteoporosi

L’osteoporosi è una malattia silenziosa e per lo più asintomatica, con il passare degli anni possono comparire una postura incurvata, un calo di statura (effetto dello schiacciamento di una o più vertebre) e, da ultimo, le tipiche fratture “da fragilità ossea”. In molti casi queste fratture (cedimenti vertebrali, fratture di femore, di polso, di omero ecc.) sono la prima manifestazione improvvisa di un’osteoporosi che per anni non ha dato alcun sintomo premonitore e sono indice di una malattia già in stadio avanzato. La diagnosi di osteoporosi e la valutazione del rischio di fratture da fragilità si basano sull’anamnesi, l’esame obiettivo, gli esami strumentali e di laboratorio:

  • l’anamnesi prevede la raccolta della storia clinica del paziente, indagare la presenza di fratture di femore nei genitori, la valutazione dei fattori di rischio, l’assunzione di farmaci che possano interferire con il metabolismo osseo e, nelle donne, l’anamnesi ginecologica e l’età della menopausa;
  • l’esame obiettivo deve valutare la postura del paziente e, in particolare, se si siano verificati una riduzione dell’altezza o un aumento della fisiologica curvatura della colonna vertebrale (cifosi dorsale) che potrebbero indicare la presenza di uno o più cedimenti delle vertebre;
  • la densitometria ossea o mineralometria ossea computerizzata, indicata comunemente con la sigla MOC, è l’esame di riferimento per la diagnosi di osteoporosi. Prevede l’impiego dei raggi X ma in dosi bassissime (inferiori a quelle di una radiografia), è rapida e assolutamente indolore. L’indagine densitometrica consente di misurare la massa ossea ed in particolare la sua densità minerale (bone mineral density o BMD) raffrontata a quella media di soggetti adulti sani (picco di massa ossea) in alcuni distretti scheletrici particolarmente soggetti alla perdita di massa ossea (vertebre lombari e collo del femore). L’unità di misura è rappresentata dalla deviazione standard (DS) dal picco medio di massa ossea (T-score), ovvero lo scostamento in più o in meno del valore misurato nella persona in esame dal valore medio della popolazione di riferimento. Ogni DS in meno equivale circa a una riduzione del 10-15% rispetto al valore medio di riferimento. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito i valori di T-score della BMD sulla base dei quali una persona può essere ritenuta normale oppure avente una massa ossea ridotta (osteopenia) o una vera e propria osteoporosi (vedi tabella 1). I criteri dell’OMS per la diagnosi di osteoporosi non sono applicabili a donne prima della menopausa né ad uomini prima dei 50 anni per i quali viene valutato lo Z-score, ovvero il valore di densità ossea raffronto al valore medio di soggetti di pari età e sesso;
ClassificazioneValore di T-score
NormaleMaggiore di -1
OsteopeniaCompreso fra -1 e -2,5
OsteoporosiInferiore a -2,5
Osteoporosi graveInferiore a -2,5 e almeno una frattura da fragilità
Tabella 1 – Valori di T-score della BMD
  • la radiografia, oltre a permette la diagnosi di fratture da osteoporosi nelle sedi interessate, può essere richiesta per effettuare un esame morfologico della colonna il quale evidenzia eventuali fratture o cedimenti vertebrali e ne stima la gravità;
  • gli esami di laboratorio di primo e di secondo livello (vedi tabella 2) rivestono un ruolo molto importante per la diagnosi dell’osteoporosi, nello specifico se gli esami di primo livello risultano nella norma, si escludono, nel 90% dei casi, altre malattie metaboliche dello scheletro o forme di osteoporosi secondaria. Gli esami di secondo livello individuano forme secondarie di osteoporosi e la loro scelta deve essere basata sulla valutazione anamnestica e clinica dei singoli pazienti.
Esami di primo livelloEsami di secondo livello
Emocromo completoCalcio ionizzato
ElettroforesiOrmone stimolante la tiroide (TSH)
CalcemiaParatormone (PTH)
Fosforemia25-OH-vitamina D
Fosfatasi alcalinaCortisoluria 24 ore
CreatininemiaAnticorpi antitransglutaminasi
Calciuria nelle 24 oreImmunofissazione sierica ed
urinaria
VESEsami specifici per patologie associate (es. ferritina, ecc.)
Testosterone libero (nei maschi)
Tabella 2 – Esami di 1° e 2° livello per la diagnosi dell’osteoporosi

In presenza di fattori di rischio (prima di tutto menopausa ed età avanzata) è bene rivolgersi a un medico per valutare insieme se sia opportuno sottoporsi a esami specifici per verificarne l’eventuale presenza.

Epidemiologia dell’osteoporosi

Si stima che in Italia l’osteoporosi colpisca circa 5.000.000 persone, di questi l’80% è rappresentato da donne in menopausa, in particolare ne è affetto il 23% delle donne oltre i 40 anni e il 14% degli uomini con più di 60 anni. Dal momento che l’età media della popolazione è destinata ad aumentare negli anni a venire, ci dovremo attendere un proporzionale incremento dell’incidenza dell’osteoporosi. In Italia negli ultracinquantenni il numero di fratture di femore in un anno supera i 90.000 casi. Alterazioni della morfologia delle vertebre si riscontrano in più del 20% degli ultrasessantenni, sia maschi che femmine. Entro un anno dalla frattura di femore, i pazienti presentano un tasso di mortalità del 15-30%. Tra gli anziani le fratture osteoporotiche sono una delle maggiori cause di mortalità, la cui incidenza è sovrapponibile a quella per ictus e carcinoma mammario, inoltre possono portare ad una riduzione del livello di autosufficienza che, in taluni casi, comporta l’istituzionalizzazione a lungo termine.

I fattori di rischio

Il rischio di frattura da osteoporosi è determinato da una combinazione di fattori che agiscono prevalentemente attraverso una
riduzione della densità minerale ossea e di fattori indipendenti da essa (caratteristiche del tessuto osseo e fattori extraossei). Più sono i fattori di rischio e maggiore è la probabilità di frattura. Vediamo quali sono:

  • età: l’incidenza di fratture osteoporotiche aumenta esponenzialmente con l’età. Il rischio di frattura correlato all’avanzare dell’età è solo in parte dovuto alla riduzione della densità minerale ossea ma dipende soprattutto da altri fattori, quali alterazioni qualitative della struttura ossea, aumento della frequenza di cadute e rallentamento dei riflessi. Pertanto, a parità di densità minerale ossea (e quindi a parità di T-score alla densitometria ossea), il rischio fratturativo è più elevato negli anziani rispetto ai giovani;
  • familiarità per fratture da fragilità in particolare quelle di femore;
  • fratture pregresse: sia per i maschi che per le femmine, una pregressa frattura da fragilità è un importante fattore di rischio per ulteriori fratture, indipendentemente dalla densità minerale ossea;
  • comorbidità: diverse patologie si associano a un aumento del rischio di frattura dovuto ad una riduzione della BMD. Tuttavia, spesso sono coinvolti meccanismi diversi, tra cui la carenza di vitamina D, l’infiammazione cronica, l’alterazioni della qualità ossea, la compromissione dello stato di salute generale, la riduzione della mobilità, della massa e della forza muscolare (sarcopenia) o l’aumento del rischio di caduta. Tra le patologie segnaliamo l’artrite reumatoide e altre connettiviti, la BPCO (broncopneumopatia cronica ostruttiva), le malattie infiammatorie croniche intestinali, l’AIDS, il morbo di Parkinson, la sclerosi multipla, le condizioni associate a disabilità motoria grave ed il diabete mellito, nello specifico in quest’ultimo caso i soggetti tendono a fratturarsi a livelli di densità minerale ossea superiori a quelli dei non diabetici;
  • terapie farmacologiche: tra i farmaci che aumentano il rischio di fratture i più significativi sono i glucocorticoidi (costisone), le terapie di blocco ormonale adiuvante (inibitori dell’aromatasi nelle donne operate per carcinoma mammario, agonisti del GnRH negli uomini con carcinoma della prostata).

Dieci consigli per prevenire l’osteoporosi

La resistenza dell’osso ai traumi dipende non solo dalla sua densità (valutata appunto mediante l’esame della densitometria ossea) ma anche dalla sua qualità (ovvero la composizione, l’architettura, la mineralizzazione, i danni subiti, ecc.). Ne consegue che l’osteoporosi non compare solo in seguito alla perdita dell’osso dovuta all’età ma anche in quegli individui che non hanno raggiunto un picco di massa ossea ottimale durante l’infanzia e l’adolescenza; la mancata crescita ossea ottimale nelle prime fasi della vita assume pertanto importanza tanto quanto la perdita della massa ossea che si manifesta in età adulta. E’ fondamentale pertanto porre attenzione alla salute delle nostre ossa in tutte le fasi della vita per prevenire l’osteoporosi e le possibili conseguenti fratture.

  • Controlla i tuoi valori di vitamina D nel sangue; essi devono essere adeguati in quanto la vitamina D aiuta il corpo ad assimilare il calcio assunto con la dieta e agisce nei processi di rimodellamento dell’osso. Quando ci esponiamo al sole e sintetizziamo la vitamina D, questa si accumula, ma la sua vita è di circa 3-6 settimane; è sufficiente esporci al sole (senza protezione solare che è invece capace di bloccare la produzione cutanea di vitamina D) con mani, braccia e viso scoperti per circa 20-30 minuti al giorno. Nell’organismo il picco di vitamina D si raggiunge nella stagione primaverile ed estiva, da novembre a marzo, invece, i livelli toccano il punto più basso se le uscite non sono sufficienti a ripristinare le scorte. La vitamina D è poco presente negli alimenti, la ritroviamo nell’olio di fegato di merluzzo, nei pesci grassi (aringhe, tonno, sgombri) e nel tuorlo d’uovo. Per ulteriori chiarimenti e precisazioni leggi il mio articolo sulla vitamina D.
  • Assicurati un apporto giornaliero di calcio adeguato alla tua età e alla fase della tua vita. Devi sapere che il fabbisogno di calcio è maggiore durante la gravidanza, l’allattamento, la menopausa e la terza età ma comunque compreso tra 1000-1500 mg. Un corretto introito di calcio incrementa la densità ossea nei bambini e negli adolescenti, la mantiene negli adulti e ne rallenta la perdita nelle donne in post-menopausa. La principale fonte di calcio è rappresentata dal latte e dai suoi derivati come yogurt e formaggi, dal pesce, come quello azzurro, i polpi, calamari e i gamberi, dalla frutta secca (mandorle, arachidi, pistacchi, noci, nocciole), da alcune verdure verdi come la rucola, il cavolo, le rape, le cime di rapa, i broccoli, i carciofi, gli spinaci, i cardi (tuttavia il calcio delle verdure è molto meno assimilabile di quello dei latticini) dai legumi in particolare i ceci, le lenticchie, i fagioli cannellini e i borlotti. Se l’apporto calcico con la dieta è insufficiente, si può ricorrere a supplementi con sali di calcio suddividendo l’introduzione in più frazioni durante la giornata ed evitando l’assunzione del calcio contemporaneamente a cibi ricchi in fibre o integratori di ferro.
  • Evita l’assunzione di alimenti ricchi di calcio insieme ad alimenti ricchi di ossalati (quali prezzemolo, pomodori, uva, caffè, tè rabarbaro, bietola, barbabietole rosse, nocciole, cioccolato, frutti di bosco) in quanto queste sostanze riducono l’assorbimento del calcio.
  • Riduci l’uso del sale da cucina e di cibi ricchi di sodio (insaccati, dadi da brodo, alimenti in scatola o in salamoia); grandi quantità di sodio, così come l’assunzione di troppe proteine fanno aumentare la perdita di calcio con l’urina.
  • Bevi ogni giorno almeno 1,5 litri di acqua calcica il cui calcio è totalmente biodisponibile (il che significa che il nostro organismo lo metabolizza esattamente come quello preveniente dal latte e latticini).
  • Non eccedere con gli alimenti integrali o ricchi di fibre; un giusto apporto di fibre è consigliato e molto salutare tuttavia esse riducono l’assorbimento di calcio.
  • Evita il fumo e l’eccessivo uso di alcol, quest’ultimo riduce l’assorbimento di calcio e l’attività delle cellule che “costruiscono l’osso”.
  • Mantieni un adeguato peso forma; i soggetti normopeso o in sovrappeso hanno un rischio inferiore di andare incontro a fratture rispetto alle persone sottopeso.
  • Svolgi un’attività fisica regolare anche con esercizi che siano bilanciati rispetto al peso corporeo, dove ossa e muscoli lavorino contro la gravità (passeggiate, salire le scale, sollevare pesi leggeri, ecc).
  • Rimuovi ove possibile gli elementi in grado di favorire le cadute come tappeti, utilizza il corrimano per salire o scendere le scale, rendi luminosi gli ambienti domestici, indossa calzature idonee che favoriscano una deambulazione stabile.

L’osteoporosi si può e si deve prevenire in quanto le cure disponibili permettono di fermarne o rallentarne la progressione ma non di guarirla. La prevenzione, quindi, è fondamentale e deve iniziare presto, fin da quando si è giovani. Contattami per qualsiasi dubbio o chiarimento.

Dott.ssa Christine Whisstock

Medico chirurgo specialista in endocrinologia e malattie del ricambio, specializzata nel trattamento medico-chirurgico del piede diabetico e del diabete.

Dottorato di ricerca in ipertensione e prevenzione del rischio cardiovascolare.

Primario dell’Unità Operativa di Piede Diabetico del Policlinico Abano Terme (Padova).

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