Vitamina D: perchè è importante?

Vitamina D: perchè è importante?

Negli ultimi anni si sente sempre più parlare di vitamina D, dei suoi effetti sull’organismo e dei suoi potenziali benefici sul nostro corpo. Un tempo era quasi sconosciuta e non ricercata negli esami ematochimici di routine, attualmente, proprio per il suo ruolo fondamentale, viene spesso dosata e, se necesario, prescritta considerando che circa l’80% della popolazione presenta valori di deficit o carenza durante il periodo invernale. Vediamo insieme cos’è veramente la vitamina D, come funziona, in quali alimenti la possiamo trovare e altre curiosità.

Che cos’è la vitamina D

La vitamina D è un composto liposolubile (chi ha assunto le formulazioni in gocce che si trovano in commercio sa infatti che sono oleose) che viene prodotto per circa l’80% dalle cellule della nostra pelle quando sono colpite dai raggi del sole (radiazioni ultraviolette), in modo specifico dai raggi UVB. Esitono due forme principali di vitamina D: l’ergocalciferolo (vitamina D2) e il colecalciferolo (vitamina D3). La vitamina D2 è di origine vegetale e viene assunta solo con gli alimenti. La vitamina D3, invece, è contenuta in piccola quantità in alcuni alimenti di origine animale ma viene principalmente sintetizzata dalla cute umana a partire dal 7-deidrocolesterolo (o provitamina D) per azione dei raggi ultravioletti (lunghezza d’onda 290-315 nm). Pertanto il termine “vitamina D” in senso stretto è più indicato per l’ergocalciferolo mentre il colecalciferolo è da considerarsi un vero e proprio ormone in quanto può essere sintetizzato dall’organismo.

La sintesi cutanea della vitamina D3 è influenzata da numerosi fattori che puoi vedere qui sotto elencati:

  • la scarsa esposizione al sole: costituisce la prima fonte di rischio; anche un giovane che trascorre troppo tempo in casa può essere affetto da ipovitaminosi D;
  • l’ora del giorno: i raggi UV sono più efficaci nelle ore del mezzogiorno (quando il sole è allo zenit e i suoi raggi sono più corti). Al contrario, nel primo mattino o nel tardo pomeriggio l’intensità dei raggi solari è molto minore e così pure la produzione di vitamina D;
  • la latitudine: i raggi solari sono più intensi all’equatore, dove la distanza del sole dalla Terra è minore; man mano che ci si allontana la potenza del sole diminuisce e, con essa, la produzione di vitamina D;
  • l’altitudine: maggiore è la quota a cui ci si trova, più intensi sono i raggi solari;
  • le stagioni, le condizioni metereologiche e l’inquinamento: la stagione estiva è sicuramente la più ricca di raggi UV; se ci sono molte nuvole i raggi UV penetrano meno la pelle per formare la vitamina D, ma possono ugualmente provocare ustioni. L’inquinamento atmosferico, specie nelle grandi aree metropolitane, può peggiorare la situazione agendo da schermo.
  • l’utilizzo di creme solari con elevato fattore di protezione: esse impediscono l’assorbimento dei raggi solari e, pertanto, la formazione della vitamina D di oltre il 90%;
  • l’abbigliamento: più copriamo il corpo e diminuiamo il contatto diretto della pelle con il sole, minore sarà la produzione di vitamina D (si pensi ai religiosi o ai vestiti degli islamici);
  • il colore della pelle: la produzione di vitamina D3 è più alta nei soggetti con pelle chiara (a più basso contenuto di melanina) rispetto a quelli con la pelle scura;
  • l’età: a parità di esposizione solare il soggetto anziano ne produce il 30% in meno.

A cosa serve la vitamina D

La vitamina D viene prodotta nella cute a partire dal 7-deidrocolesterolo per azone dei raggi UVB. La conversione in forma biologicamente attiva avviene mediante due reazioni di idrossilazione, la prima a livello del fegato che porta alla formazione di calcifediolo (25-idrossicolecalciferolo) e la seconda a livello di vari tessuti sebbene la quota più rilevante viene prodotta nel rene ove il calcifediolo viene convertito in calcitriolo (1,25-diidrossicolecalciferolo), la forma attiva dell’ormone. Tale conversione è regolata dalle sue stesse concentrazioni, dal paratormone (PTH, un ormone prodotto dalle paratiroidi) e dalle concentrazioni di calcio e di fosfato nel sangue. La quota ingerita per via alimentare viene assorbita dall’intestino e quindi distribuita attraverso la circolazione linfatica quasi totalmente al tessuto adiposo da cui viene liberata in piccole quantità. Pertanto una maggior massa adiposa “diluisce” la vitamina D, spiegando perchè il rischio della sua carenza sia più elevato nei soggetti obesi. Il calcitriolo raggiunge gli organi bersaglio ove si lega a recettori specifici (Vitamin D Receptor, VDR) ed infine viene degradato in due metaboliti di scarto escreti principalmente nella bile. I recettori per la vitamina D sono praticamente ubiquitari, a riprova del ruolo che essa ha non solo sull’osso ma anche in altri distretti del nostro corpo. Esaminiamo nel dettaglio in quali funzioni è implicata la vitamina D:

  • favorisce la salute delle ossa: aumenta l’assorbimento di calcio e fosfato dall’intestino e favorisce la normale formazione e mineralizzazione dell’osso, così facendo ne migliora la densità minerale, aiuta a prevenire l’osteoporosi e conseguentemente le fratture negli anziani e nelle donne dopo la menopausa ed è anche fondamentale per sostenere il corretto sviluppo dello scheletro dei bambini piccoli. Una grave carenza di viamina D determina il rachitismo nei bambini o l’osteomalacia negli adulti;
  • è necessaria per una normale contrattilità muscolare: condizioni di ipovitaminosi possono portare a miopatia prossimale (difficoltà a portare le braccia sopra la testa o ad alzarsi dalla sedia), di sarcopenia o di riduzione della forza muscolare con disturbi dell’equilibrio e aumento del rischio di cadute, peggioramento del dolore in caso di fibromialgia;
  • rafforza il sistema immunitario: la vitamina D stimola la funzione dei globuli bianchi che circolano nel sangue e che, in presenza di agenti estranei o di cellule infettate, sono in grado di riconoscere le sostanze estranee ed attaccarle rendendole innocue. Una correzione del deficit di vitamina D sembra essere di beneficio in caso di malattie autoimmuni e di allergie;
  • riduce il rischio cardiovascolare: la carenza di vitamina D è associata ad un aumento di patologie quali obesità, insulino-resistenza, ipertensione, diabete e ad un maggiore rischio di morte per tali malattie. Esiste anche un’importante correlazione con la mortalità per eventi cardiovascolari maggiori, quali ictus, scompenso cardiaco, infarto miocardico, fibrillazione atriale, morte cardiaca improvvisa e malattia vascolare periferica. I meccanismi alla base di tali correlazioni sono ancora da definire, ma sembra avere un ruolo determinante l’iperattività del sistema renina-angiotensina-aldosterone;
  • promuove la salute della bocca: un suo deficit, infatti, oltre a rendere i denti più fragili e soggetti a carie, determina un aumento di patologie a carico delle gengive, come gengiviti e paradontiti;
  • riduce l’infiammazone tiroidea: un deficit di vitamina D sembra correlarsi a patologie autoimmuni della tiroide portando ad un aumento degli autoanticorpi (anticorpi anti tireoperossidasi e anticorpi anti tireoglobulina) responsabili dell’insorgenza della tiroidite di Hashimoto; inoltre diversi studi dimostrano una relazione inversa tra vitamina D e TSH con conseguente insorgenza o peggioramento dell’ipotiroidismo sia esso subclinico che conclamato;
  • previene complicanze gravidiche riducendo il rischio di eclmapsia e diabete gestazionale;
  • ha un efetto neuroprotettivo e antiinfiammatorio sul sistema nervoso centrale risultando utile nella prevenzione del declino cognitivo, nelle demenze e nella depressione;
  • si ipotizza che possa essere utile nella prevenzione di alcuni tumori quali quelli del colon-retto, prostata, mammella e ovaio.

Gli alimenti ricchi di vitamina D

La maggior parte degli alimenti contiene scarse quantità di vitamina D pertanto la sola dieta non può esserne considerata una fonte adeguata in quanto ne fornisce circa solo il 20% del nostro fabbisogno. Gli alimenti più ricchi di vitamina D (sia D3 che D2) sono i pesci ad alto contenuto di grassi (ad esempio salmone, tonno, pesce spada, sgombro, aringhe, sardine), le ostriche, i gamberi e l’olio di fegato di pesce. Altre fonti sono rappresentate dal fegato di manzo, uova (tuorli), latte vaccino, formaggio e funghi (ricchi di vitamina D2). Frutta e verdura non contengono vitamina D. La vitamina D è relativamente stabile e viene alterata poco da conservazione e cottura. Quasi l’80% della vitamina D introdotta con la dieta viene assorbita a livello intestinale. Questo processo può essere alterato da differenti fattori naturali e non, quali età e patologie del tratto gastrointestinale (celiachia, morbo di Chron, intervento di bypass gastro-intestinale, fibrosi cistica) o in caso di assunzione di alcuni farmaci (anticonvulsivanti, cortisone, farmaci che riducono l’assorbimento di grassi).

I valori ottimali di vitamina D

La carenza di vitamina D viene diagnosticata agli esami del sangue dosando il livello sierico di 25(OH)-vitamina D. Il livello favorevole di 25(OH)-vitamina D è risultato attorno a 30 ng/ml (75 nmol/l) e quello ottimale tra 30-50 ng/ml (75 e 125 nmol/l). Pertanto con il termine di ipovitaminosi D si intende una riduzione dei livelli sierici di 25(OH)-vitamina D al di sotto di 30 ng/ml, distinta in insufficienza, con livelli di 25(OH)-vitamina D compresi fra 20 e 30 ng/ml e deficit, con livelli di 25(OH)-vitamina D <20 ng/ml (vedi tabella 1).

StatoValori 25(OH)-vitamina D in ng/mlValori 25(OH)-vitamina D in nmol/l
Grave carenza<10<25
Carenza10-2025-50
Insufficienza20-3050-75
Range ideale30-5075-125
Eccesso>100>250
Tossicità>150>375
Tabella 1 – Interpretazione dei vari livelli di vitamina D

Le cause della carenza di vitamina D

Una carenza di vitamina D può verificarsi quando l’assunzione dietetica è scarsa, l’esposizione alla luce solare è ridotta, i reni non sono in grado di convertire la 25-idrossivitamina D nella sua forma attiva o l’assorbimento della vitamina D da parte del tratto digestivo è insufficiente. Gruppi di popolazione a rischio di ipovitaminosi D sono rappresentati da anziani (il sistema enzimatico deputato alla sintesi di vitamina D diventa meno efficiente con l’invecchiamento), pazienti con osteoporosi, donne in gravidanza o allattamento, bambini nella prima infanzia, pazienti che assumono cortisonici. Anche negli obesi si riscontra una carenza in quanto il tessuto adiposo sembra sequestrare parte della vitamina D circolante nel sangue causando l’ipovitaminosi D la quale a sua volta favorisce l’accumulo di tessuto adiposo generando un circolo vizioso.

I sintomi da carenza di vitamina D

In genere la carenza di vitamina D è difficilmente evidenziabile se non dagli esami ematochimici ma talvolta può manifestarsi con sintomi sfumati e poco comuni. Vediamo quali sono:

  • debolezza e predisposizione alle infezioni;
  • stanchezza e debolezza;
  • osteoporosi, dolore osseo e fratture ricorrenti, dolore muscolare;
  • umore depresso;
  • lenta guarigione delle ferite;
  • caduta dei capelli;
  • mal di testa.

Gli integratori di vitamina D

Il fabbisogno di vitamina D varia da 1500 UI al giorno (adulti sani) a 2300 UI al giorno (anziani). Esso può aumentare con l’età, la massa corporea, la massa grassa e l’apporto di calcio. L’alimentazione in italia fornisce circa 300 UI al dì pertanto in caso di scarsa esposizione al sole devono essere forniti supplementi per 1200-2000 UI al giorno. La forma di vitamina D da utilizzare è il colecalciferolo. L’impiego di metaboliti idrossilati di vitamina D (calcifediolo, 1-α calcidiolo, calcitriolo) trova un’indicazione razionale solo in presenza di partcolari condizioni patologiche (severa insufficienza epatica o renale, deficit dell’1-α-idrossilasi, grave malassorbimento intestinale o ipoparatiroidismo). In particolare con i metaboliti idrossilati della vitamina D è elevato il rischio di aumento del calcio nel sangue e nelle urine (ipercalcemia e ipercalciuria) che vanno pertanto monitorati periodicamente. La vitamina D va normalmente somministrata per via orale in corrispondenza dei pasti, limitando la via intramuscolare ai soli pazienti con difficoltà alla deglutizione. L’approccio più fisiologico alla supplementazione di vitamina D è quello giornaliero tuttavia ai fini di migliorare l’aderenza al trattamento si possono impiegare anche somministrazioni settimanali, quindicinali o mensili. Qualora si ritenga opportuno ricorrere alla somministrazioni di dosi elevate (boli), si raccomanda che essi non superino le 100.000 UI in quanto boli superiori sembrano aumentare il riassorbimento osseo e con boli pari a 500.000 UI si assiste ad un aumento paradosso del rischio di fratture e cadute. Poichè la vitamina D agisce aumentando l’assorbimento di calcio a livello intestinale, un adeguato introito di calcio giornaliero con la dieta è fondamentale ai fin dell’efficacia terapeutica.

10 consigli e curiosità sulla vitamina D

  1. Sole dietro un vetro: prendere il sole dietro la finestra di casa o il parabrezza dell’auto è dannoso e inutile ai fini della sintesi della D. I raggi UVB non superano la barriera, in compenso la oltrepassano gli UVA, quelli che aumentano lo stress ossidativo, favorendo l’invecchiamento.
  2. Filtri solari: un filtro solare fattore 15 assorbe la quasi totalità dei raggi UVB pertanto non permette quasi per niente la sintesi di vitamina D. Fa eccezione l’olio di cocco che protegge un poco senza schermare.
  3. Tempi di esposizione al sole: il livello adeguato di vitamina D in inverno viene raggiunto nel giro di 130 minuti mentre in estate e in primavera bastano solo 10 minuti. Per quanto riguarda l’autunno il tempo necessario si aggira intorno alla mezz’ora.
  4. Anche se nei mesi estivi si fa una “scorpacciata di vitamina D”, in quelli invernali non si può attingere a questa scorta, perché viene esaurita nel corso di un mese.
  5. I raggi solari sono molto più efficaci attorno a mezzogiorno in estate, tuttavia esporsi troppo al sole quando è allo zenit senza alcuna crema solare protettiva può scatenare l’effetto opposto, ovvero danneggiare anche seriamente la pelle.
  6. Spogliarsi in inverno non è auspicabile per cui al massimo si potranno esporre viso e polsi, ma all’inizio della primavera, nelle giornate più miti, non perdiamo l’occasione di fare una passeggiata sbracciati, fra le ore 10 e le ore 15, per circa 20 minuti, cominciando con tempi ridotti ed aumentando gradualmente.
  7. I lettini e le lampade solari sono stati classificati dalla IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) come cancerogeni, soprattutto se si inizia in giovane età. I raggi UVA emessi sono molti di più rispetto a quelli che si assorbono in una giornata di sole e danneggiano la pelle e la vista. Inoltre non favoriscono l’attivazione della vitamina D in quanto questa viene prodotta dai raggi solari UVB.
  8. A causa dell’altitudine in montagna l’aria è più rarefatta e il sole risulta più forte pertanto basta un’esposizione minore per la sintesi della vitamina D.
  9. Il calo di peso nelle persone obese si associa ad un miglioramento dei livelli di vitamina D circolanti.
  10. In corso di gravidanza i supplementi di vitamina D a base di colecalciferolo possono essere assunti come nelle donne non gravide evitando tuttavia la somministrazione in boli (>25.000 UI).

Se vuoi sapere se necessiti di supplementazione con la vitamina D e qual è la formulazione e il dosaggio più adatto a te, scrivimi, sarò felice di aiutarti.

Dott.ssa Christine Whisstock

Medico chirurgo specialista in endocrinologia e malattie del ricambio, specializzata nel trattamento medico-chirurgico del piede diabetico e del diabete.

Dottorato di ricerca in ipertensione e prevenzione del rischio cardiovascolare.

Primario dell’Unità Operativa di Piede Diabetico del Policlinico Abano Terme (Padova).

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